EDITORIALE

Niccolò de Mojana

In Italia, le donne possono votare solo dal 1946. Le nostre nonne e le nostre madri sono nate in un mondo esplicitamente (e orgogliosamente) governato dal potere maschile. Da allora, nei decenni immediatamente successivi, un movimento sempre più determinato e allargato ha conquistato, uno a uno, quei diritti che hanno portato i cittadini italiani a non considerare come "inferiori" le donne rispetto agli uomini.

Se oggi è difficile immaginare tutto ciò, è perché negli ultimi anni il mondo è completamente cambiato. Fino al punto che ormai, "le donne" sono diventate una categoria strumentale, un'etichetta da usare a seconda della situazione, un nome al servizio della retorica politica.

Eppure, "le donne" non sono tutte uguali. E parlare di loro come di un insieme omogeneo ha il sapore dell'ignoranza e, ancora, dell'arretratezza sociale e culturale.

Per ricordarlo, questo settimo numero di miciap ci mostra donne che lottano per difendere il loro diritto a portare il velo e donne che si guadagnano da vivere ballando nude attorno a un palo, donne che decidono, giovanissime, di diventare madri e donne che, ugualmente giovani, si iscrivono a corsi di cheerleader, donne che tengono viva la raffinata arte del burlesque e donne che cantano le antiche gesta della malavita popolare.

Le donne, insomma, non hanno nessuna necessità di avere una rappresentanza esclusiva, né una difesa di ufficio da parte di questa o quella parte politica. Piuttosto, sono i giornalisti, i politicanti, i capopopolo a cercare sempre per loro una nuova definizione da agitare nel circo mediatico.

Buona visione (che siate donne o uomini).