EDITORIALE

Nicola Bertasi

Lavoro


"Io so gli odori dei mestieri: di noce moscata sanno i droghieri, sa d'olio la tuta dell'operaio, di farina sa il fornaio, sanno di terra i contadini, di vernice gli imbianchini, sul camice bianco del dottore di medicine c'è buon odore. I fannulloni, strano però, non sanno di nulla e puzzano un pò."

Gianni Rodari


Probabilmente nessuno dei membri dell'assemblea costituente di quel lontano 1946, si sarebbe mai neanche lontanamente immaginato, la scomparsa graduale e tragica del lavoro in questo paese. Quando scrissero quell'articolo, il primo della nostra Costituzione, figlio naturale e ribelle delle sofferenze patite nel corso di un ventennio codardo e fascista, stavano puntando i piedi.
In quel momento magico (e forse unico), le passioni e le teste si unirono per mettere un argine di granitica solidità agli attentati nostrani e prevedibili alla dignità umana. Non un semplice articolo ma il primo, il necessario preambolo, le fondamenta scritte di una costituzione democratica, nata come tutela della coesione sociale e necessariamente e sfacciatamente italiana.
Italiana, si. Italiana, ebbene.
Perché qui da noi è tutto più complesso. Secoli di soprusi mafiosi e clientele, rendono il lavoro fragile come il cristallo.
A nord, dopo le alpi, tutto è più semplice. I rapporti sono meno viscidi e la crescita professionale (e del salario) più lineare e meno contorta.
L'assemblea costituente decise di mettere quell'articolo a fondamenta della nostra costituzione, anche per riconoscere la specificità italiana. Come dire, ve l'avevamo detto.

Trent'anni di incontrollato neoliberismo hanno creato crepe un po' ovunque, nel mondo. Ma in Italia di più. La perdita è più grande, l'ignoranza maggiore e la ricerca del lavoro, una fatica - per dirla come i napoletani - che diventa sempre più frustrante e difficile.
Il primo articolo della Costituzione è importante per questo paese, tanto quanto lo è la ricerca della felicità per gli americani. E' una dichiarazione di intenti: qui c'è, ci dev'essere lavoro per tutti. Altrimenti è il casino e il casino è davvero necessario evitarlo.
Così quando si sente Giuseppe Sala, commissario unico di Expo, affermare a cuor leggero, che non pagare chi lavora per il Grande Evento (e già qui siamo immersi in una novella orwelliana) è la normalità in situazioni del genere, si constata lo sdoganamento di uno statement pericoloso e falso.
Pericoloso perché il lavoro va pagato sempre, perché spesso lavorare non è divertente; spesso il lavoro è noioso, spesso è una necessità e sopratutto spesso arricchisce indirettamente chi non sta lavorando in quel momento. E' menzognero perché in moltissimi paesi europei gli stages gratuiti sono illegali. Altra cosa infatti è il volontariato che presuppone la condivisione di alcuni principi etici che generano la volontà di impegnarsi in un progetto senza fini di lucro.
Lavoro quindi e che lavoro sia.

Arriviamo così a questa Issue#23 di MilanoCittàAperta.
Iniziamo il viaggio con una riflessione sul mestiere del fotografo. Altarini in fila per raccontare la morte dell'analogico. Una morte indotta da un mercato fotografico in continua espansione. Alfredo Bosco, con questo suo progetto pop, ci suggerisce uno sguardo ironico su un mestiere che forse cambia troppo velocemente. Un cambiamento che i fotografi stessi, a volte, non riescono a seguire.
Con la necessità di fare un po' di chiarezza sulla natura del vero volontariato, abbiamo deciso di pubblicare le immagini di Chiara Badiali e Francesco Rucci. Impegnare parte del proprio tempo libero per aiutare gli operatori del 118 è cosa nobile e giusta. Riflesso di umanità e empatia ma anche di scarsezza di risorse dell'apparato sanitario nazionale che soffre i tragici tagli al suo organico, da diversi anni.
Filippo Romano ci porta poi a conoscere I Sommozzatori della Terra. Una cooperativa che si prefigge l'obbiettivo di rieducare al lavoro, gli esclusi. Persone che l'hanno perso, ex detenuti, diversamente abili. Un affresco di questa crisi; un ritratto del lavoro che non c'è e che dovrebbe esserci. Il lavoro è anche lentezza. Ecco allora che l'obbiettivo di Francesco Clerici si concentra sulla fonderia artistica Battaglia. Una meraviglia del patrimonio artigianale italiano. Che Francesco ci racconta così "L'unico modo per diventare un artigiano capace di realizzare una fusione a cera persa del bronzo è imparare dagli altri artigiani, ascoltarli, guardarli: la tradizione orale nasce da una sorta di reportage continuo, un lavoro di osservazione e di curiosità."
Siamo passati a trovare gli ex operai della Maflow a Trezzano sul Naviglio, che hanno preso possesso dei locali dove lavoravano (la fabbrica è stata mandata deliberatamente in fallimento dall'ex proprietario) per avviare attività produttive sul modello delle fabricas recuperadas argentine. Ho tentato qui di raccontare la storia di una nuova industria italiana cooperativa; il tentativo di ritrovare la dignità, ricreando e recuperando un reddito.
Infine il maestro Piero Raffaelli ci affida questi piccoli tesori. Scatti d'altri tempi che siamo orgogliosi di mostrarvi qui. Scatti della memoria di una Milano, di una cultura, di un lavoro che fu.

Perché il lavoro - quello vero - è sopratutto dignità.



Buona Visione.


Piccolo post-scriptum
L'esperienza di MilanoCittàAperta - e di tantissime altre realtà culturali indipendenti milanesi - nasce anche dalle ceneri di una città che ha perso il collante che la teneva insieme: il lavoro. MiCiAp è un progetto che nasce in basso, dove si sgobba purtroppo gratuitamente, proprio perché in alto ci sono ritardi e falle, oramai ingiustificabili. Qui in basso stiamo costruendo nuove possibilità per il futuro, nuove piattaforme editoriali, soffrendo la mancanza di alternative retribuite. Ma siamo anche coscienti che il nostro è un progetto che non produce ricchezza a soggetti altri, a multinazionali italiane con sede alle Cayman o a industrie gigantesche che chiudono i contratti agli operai italiani per trasferirli a soggetti sottopagati a Est.
E proprio per questo motivo, ci sentiamo il cuor leggero e andiamo avanti a raccontare questa città. Come volontari di una nostra, piccola, florida e indipendente "esposizione universale" in fieri, della città di Milano.
"Stiamo imparando mentre facciamo, e naturalmente imparando si commettono errori." Come diceva qualcun'altro.