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TRANSUMANZA

Marco Costa

_biografia
_contatto

Ho trascorso una parte della mia infanzia, i primi anni '60, in un quartiere che stava sorgendo alla periferia nord-ovest di Milano. Abitavamo in uno degli isolati che iniziavano allora a estendersi a macchia di leopardo, senza un preciso piano urbanistico. Questo processo risparmiava soltanto grandi prati un tempo destinati alla coltivazione. Qui, più di una volta l'anno, passavano i pastori e per i ragazzini erano momenti di festa. Così io li ricordo. Questi stessi prati sono oggi divorati da un grande centro commerciale freddo, anonimo e identico a tanti altri. A queste immagini sono tornato quando, in un freddo pomeriggio dell’inverno 2005, ho casualmente incrociato un gregge alle porte di Milano. Così ho conosciuto Giuseppe Salvi.

Pare siano qualche decina i pastori che dai primi di ottobre a fine maggio si muovono nel territorio compreso tra il Ticino e l'Adda. Arrivano dalle valli bergamasche e bresciane, dove trascorrono invece l'estate. Questo spostamento dalla montagna alla pianura e viceversa, non viene quasi più effettuato a piedi: la gran parte dei pastori carica oggi il gregge su modernissimi camion. Mestiere duro, il loro; non conosce soste, ferie, fine settimana. Conoscono il paesaggio meglio di un cartografo, sono la memoria vivente del territorio e delle sue trasformazioni. Con l'estate tornano agli alpeggi, oasi lontane dai rumori e dai fumi della pianura. Sono tre, quattro mesi tranquilli dove comunque non è possibile riposare. Giuseppe Salvi dalle prime avvisaglie d'autunno fino agli ultimi giorni di primavera si sposta nella pianura compresa tra il sud di Milano e il nord di Pavia. L'estate invece la passa tra i monti della Val di Scalve, dal Passo della Presolana al Passo del Vivione. Giuseppe è giovane, ma da più decenni espertissimo pastore. Questo lavoro è diventato per lui scelta di vita quando, appena quattordicenne, da Melzo decise di seguire un altro pastore per apprenderne il mestiere. L'ho accompagnato per alcune stagioni, condividendo una minima parte dei suoi 1.500 chilometri percorsi a piedi ogni anno. L’ultima volta che ho incontrato Giuseppe era il dicembre del 2005, in occasione del presepe vivente a Gudo, un piccolo borgo alla porte di Milano. Era, con venticinque pecore, un asino e una capretta, l’unico attore che interpretava la sua parte. Quando ci siamo salutati mi ha detto che il 2006 sarebbe stato, per lui, l’ultimo anno di transumanza.

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