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Luoghi inattesi

Ambra Zeni

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Ci immaginiamo le residenze studentesche come luoghi pieni di vita. Entrando in Leibniz colpiscono, invece, l'anonimato, l'apatia e l'inospitalità.

Questo lavoro nasce da una collaborazione con il Politecnico di Milano per la realizzazione di un progetto fotografico sul tema degli studentati, che avrebbe dovuto essere inserito in una loro pubblicazione. Tramite l'università sono entrata in contatto con uno studente che viveva alla residenza Leibniz, dove viene realizzato "Luoghi Inattesi".
Presentato il lavoro al Politecnico, come risposta mi è stato detto che bisognava "rivederlo" e "alleggerirlo", facendo altre foto in uno studentato "meno devastato". Ho deciso di non modificarlo e il lavoro è stato rifiutato.

La residenza si trova a Milano in via Monneret de Villard, una traversa di via Rombon, appena prima del fiume Lambro e della tangenziale est. Alla realizzazione del progetto la gestione è della Fondazione Cariplo, che fornisce anche i servizi di portineria e pulizia, mentre è a cura dell'università l'assegnazione delle stanze, occupate da un centinaio di studenti, prevalentemente stranieri e di sesso maschile, iscritti o in Erasmus al Politecnico.

Entrando in Leibniz colpiscono l'anonimato, l'apatia e l'inospitalità. Pare di trovarsi in una sala d'aspetto, non particolarmente curata, né vissuta, sfruttata da persone di passaggio, che si alternano in attesa di andare altrove. L'unico luogo in cui si trova qualche traccia personale sono le camere, che tuttavia hanno delle dimensioni talmente limitate da rendere difficile qualsiasi altra attività oltre il dormirci. Ovunque traspare un forte abbandono nella gestione, che inevitabilmente si riflette sulle persone che lo abitano, provocando in loro disaffezione e disinteresse nel prendersi cura e nel personalizzare gli spazi.

Ho cercato di trasferire queste sensazioni nelle immagini scattate virandole in bianco e nero, con una grana visibile, quasi sporca, e ho scelto la forma del dittico per accostare ai luoghi fotografati le persone in essi residenti. Come nella realtà vi è il tentativo di sopravvivere alla mancanza di accoglienza del luogo evitandolo, così nei dittici questo malessere viene sottolineato proprio dall'unità forzata delle due immagini.

Prima di iniziare il progetto avevo sempre immaginato gli studentati come luoghi pieni di vita e confusione. Al contrario ho trovato l'abbandono e persone resistenti alla richiesta di farsi ritrarre per l'imbarazzo dell'essere associate al luogo. Disagio espresso tramite ritratti dai colori acidi, decontestualizzati e con le spalle al muro. Il layout tipo Polaroid, l'istantanea per eccellenza, vuole sottolineare la fugace relazione tra spazi e persone.

La residenza si è svuotata come ogni anno per la pausa estiva a luglio 2010.
A settembre non ha più riaperto

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