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Il giorno più bello della mia vita

Luca Napoli

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Milano, 2011. Rosaria e Giacomo raccontano la loro storia, vicino al rumore dei treni.

Ho chiesto a Rosaria quale fosse stato il più bel giorno della sua vita. Lei ha risposto, di getto, il 14 febbraio 2011, San Valentino: festeggiava con Giacomo il sedicesimo anno di convivenza.

Rosaria, 58 anni. Originaria di Napoli, una vita trascorsa a Milano. Tre figli ed un matrimonio finito.

Giacomo, nato a Milano nel dicembre del 1940. Un passato di musicista, di assessore circoscrizionale a Baggio, quartiere di origine. Cinque figli.

Insieme da 16 anni, per strada, a Milano.

Rosaria e Giacomo, stazione Garibaldi, figure in fuga fra i finestrini del treno.

Sempre lì a quell’ora, invisibili come un murales.

Accostati con timoroso languore, mi soppesano sorpresi. Esame superato. Da quell’istante sono un amico e basta. Nessun sospiro, nessun lamento, nessuna richiesta: la loro condizione di disagio sembra una mia suggestione. Assecondano le mie istanze fotografiche, unico contatto a cui mi sento pronto, sorpresi dell’interesse suscitato. Poi mi dicono del passato, per dettagli e avventure, come se, da vecchio conoscente, già sapessi tutto. E gli occhi, talvolta, dicono rimpianto. Tutto è subito superato e avvolto nell’affetto reciproco che sembra rendere agibile qualunque condizione.

Offro il caffè, e lo sproporzionato conforto che ne ricavano mi riporta ad una condizione umana semplice e primordiale, priva di inutili bisogni accessori, in cui un tempo, anonimi antenati sopravvivevano, procreavano, amavano e morivano.

Vivere di nulla. Rosaria e Giacomo in realtà vivono di nulla. Un caffè, qualche sigaretta, i bagni della stazione, un pasto freddo consumato per strada o nella mensa della Caritas.

Ci penso dopo, da lontano, da casa. Li immagino per terra, sottozero, avvolti in una coperta consunta e lercia, nei panni di sempre, le malandate scarpe calzate, scossi dal fragore di un treno notturno.

Guardo le foto al pc.

Lontano dalla serenità e dal decoro di quegli occhi, tutto mi appare più reale del vero: le unghie sporche, i visi rugosi e sofferenti, i fumi consolatori del vino a digiuno, l’abbandono di ogni cura formale. Tutto mi appare ingiusto e doloroso. E comunque da seguire, da rivelare, da denunciare.

Quelle foto rinchiuse nell'hard disk gridano la loro volontà di esporsi, raccontare, turbare. Ora possono farlo.

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